È quanto riferito sul British Medical Journal da esperti della Sorbonne di Parigi. Uno dei problemi è anche identificare questi cibi: si parla di piatti pronti e precotti, ad esempio liofilizzati, o ancora i bastoncini di pesce, i wurstel; e poi snack, bibite zuccherate ed edulcorate.
Ma a volte è difficile fare distinzioni tra scelte dietetiche salutari e cibi spazzatura camuffati da salutari (ad esempio zuppe di verdure pronte, che però lungi dall'essere salutari contengono additivi e altri ingredienti dubbi).
Più di 70 studi a lungo termine citati sul British hanno costantemente collegato il consumo di cibi ultraprocessati all'aumento di peso e del rischio di malattie come obesità, diabete di tipo 2 e cardiovascolari. Hanno anche suggerito che questi cibi soddisfano i criteri per essere etichettati come sostanze che danno dipendenza utilizzando gli stessi standard fissati per il tabacco. Un'etichetta chiara potrebbe aiutare i consumatori a fare le scelte giuste per le loro esigenze dietetiche, scrivono i ricercatori guidati da Mathilde Touvier.
I ricercatori puntano il dito su diverse sostanze contenute in questi cibi, oltre a quelle più note (acrilammide e grassi trans), a quelle tossiche presenti negli imballaggi, e poi ancora ai molti additivi alimentari che possono avere effetti nocivi (causando infiammazione, danni al Dna e squilibri del microbiota intestinale).
È necessaria una combinazione di politiche e regolamentazioni governative per promuovere la produzione e la disponibilità di alimenti meno industriali, limitazioni nella commercializzazione di cibi ultraprocessati e educazione dei consumatori sugli effetti avversi di tali cibi, sottolineano gli esperti. Gli autori incoraggiano i governi a intraprendere azioni ambiziose e decise, con immediate iniziative di sensibilizzazione per la salute pubblica per aiutare i cittadini a identificare i cibi ultraprocessati e limitare la loro esposizione. È urgente agire, concludono: "la salute di tutti è in gioco". (Ansa)